Brasserie Cantillon: il birrificio che ha fatto la storia del Lambic

Brasserie Cantillon: il birrificio che ha fatto la storia del Lambic

La Brasserie Cantillon è uno di quei posti da visitare almeno una volta nella vita. Anzi, meglio più di una. Diciamo ogni volta che vi capita di passare da Bruxelles. 

 

Si tratta di un birrificio che trasuda storia, in cui i macchinari utilizzati hanno più di cent’anni. E dove anche le birre prodotte portano il nostro palato indietro nel tempo, quando il gusto acido era una componente fondamentale di cibi e bevande tanto quanto il dolce, il salato e l’amaro.

 

In questo articolo vogliamo raccontarvi la storia della Brasserie Cantillon, che è più di un birrificio artigianale.

 

 

Premessa: Lambic e Gueuze

 

Non si può parlare di Cantillon se prima non si ha chiaro cosa sia un Lambic e cosa sia una Gueuze. Che cosa significano questi due termini? Quando parliamo di Lambic, parliamo di una birra a fermentazione spontanea, il cui mosto si ottiene con una miscela di acqua, malto d’orzo e frumento crudo e dove il luppolo, al contrario di tutti gli altri stili comunemente prodotti e conosciuti oggi, compare in versione “suranné”, vale a dire dopo almeno 3 anni dalla raccolta, quindi completamente ossidato non più in grado di fornire amaro alla birra.

 

La fase descritta come più la più importante nella produzione del Lambic di Cantillon è quella del raffreddamento del mosto, che avviene in una vasca di rame detta coolship (koelschip in fiammingo). La vasca è ampia e poco profonda per garantire una più rapida dispersione del calore, incentivata anche dalle temperature rigide della stanza, che si trova nel sottotetto e ha le finestre sempre aperte: da Cantillon, infatti, il Lambic si produce solo d’inverno e il processo di raffreddamento avviene nelle ore notturne.

 

Nell’ultima fase del raffreddamento, il mosto raggiunge una temperature che permette l’inoculo naturale dei tipici lieviti e batteri responsabili delle prime fasi di fermentazione del Lambic. Dopodiché, il mosto viene trasferito in botti di legno, anch’esse ricche di una microflora batterica incredibile, dove fermenta e matura per almeno un anno e, più spesso, anche per due, tre o più anni.

 

Dopo questo periodo, però, il lambic risulta piatto o quasi. Per questo il prodotto principale della Brasserie Cantillon e degli altri produttori e blender è la Gueuze: un blend di più annate di Lambic, in cui le annate più vecchie apportano complessità, mentre quelle più giovani forniscono gli zuccheri necessari alla rifermentazione in bottiglia e, quindi, sono responsabili della frizzantezza.

 

Inoltre, il Lambic, blendato o no, si presta anche ad aggiunte di frutta: le varietà più utilizzate sono le ciliegie (griotte di Schaerbeek per tradizione) per le Kriek e i lamponi per le Framboise. Ma oggi conosciamo Cantillon e altri produttori per l’uso di uve, altre bacche e anche altri prodotti della terra più insospettabili, come fiori, rabarbaro e barbabietola.

 

 

La storia della Brasserie Cantillon

 

È Paul Cantillon che nell’anno 1900 decide di aprire un birrificio in Anderlecht, quartiere situato a Sud-Ovest di Bruxelles. A quel tempo in città si contavano già un centinaio di birrifici e relativi marchi di Lambic e Gueuze, divisi fra produttori e assemblatori.

 

Dopo la seconda guerra mondiale l’attività passa in mano ai due figli Marcel e Robert, che incrementano la produzione fino a raggiungere il tetto massimo di 2500 ettolitri in un anno nel 1958, quando Bruxelles ospitò l’Expo.

 

Dieci anni dopo, quando, a causa delle due guerre e alla diffusione mondiale delle birre Pilsner, i produttori di Lambic stavano scomparendo uno dopo l’altro, subentra in azienda Jean-Pierre Van Roy, genero di Marcel, che prende in mano la produzione del birrificio, armato di passione e coadiuvato dalla moglie Claude Cantillon.

 

Sono stati tempi duri, i gusti delle persone erano cambiati radicalmente e quella che fino a pochi decenni prima era la birra più consumata della capitale belga era sull’orlo della scomparsa. Uno dei modi escogitati da Jean-Pierre per permettere al Lambic di tornare a far parlare di sé è la trasformazione dello storico edificio di Rue Gheude 56 da semplice birrificio a “Brasserie Cantillon et Musée Bruxellois de la Gueuze”. Questo è tutt’oggi il nome che leggete sul cartello che indica la via all’incrocio con Rue Brogniez.

 

Ed è vero, il birrificio di Cantillon è un museo. In funzione, per di più. Tutti i macchinari risalgono al XIX secolo e tutto ciò che si trova tra quelle mura è rimasto integro, grazie alla forza della famiglia Van Roy - Cantillon, che ha mantenuto l’indipendenza fino a oggi.

 

 

La rinascita del Lambic

 

La trovata del museo è servita fin da subito a far riscoprire una tradizione birraria che altrimenti sarebbe finita nel dimenticatoio, ma nella prima metà degli anni ’80 il Lambic si vendeva ancora a fatica e a Claude e Jean-Pierre sembrava di aver quasi bisogno di un miracolo.

 

Da lì a poco, dalla porta della Brasserie Cantillon entra un italiano bramoso di assaggiare le “Wild beer” della casa: si tratta di Lorenzo Dabove, che molti di voi conoscono come Kuaska. In quel primo incontro si può dire che sia scattata la scintilla che ha portato Kuaska a collaborare stabilmente con la famiglia Cantillon e a portare il suo nome nel mondo, consacrandola come la Gueuzerie più rinomata del pianeta.

 

Nel frattempo Jean Van Roy (figlio di Jean-Pierre) è entrato in azione come mastro birraio e ha contribuito ad allargare la gamma dei prodotti firmati Cantillon, distinguendosi in particolare per una grande abilità nella produzione di Druiven Lambic - Lambic con aggiunte di uva - che l’ha portato a collaborare con alcuni fra i migliori vignaioli italiani e francesi. Oggi anche suo figlio Florian è impiegato a tempo pieno nel birrificio.

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